La campagna elettorale tra promesse e litigi
Cono d'ombra
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24 Luglio 2022 - 09:39
Anche in quella occasione lo scontro fu tra due blocchi, quello occidentale atlantista e filoamericano con la DC in testa e quello orientale filorusso guidato dal PCI.
Di Sabino Labia
Il countdown è ufficialmente cominciato. Ci aspettano due mesi di fuoco da qui al fatidico 25 settembre. Giorno del giudizio elettorale. Non è esagerato affermare che la campagna elettorale che ci aspetta in questa arida estate sarà molto simile a quella drammatica del 1948.
Anche in quella occasione si era giunti anticipatamente al voto dopo un Governo di unità nazionale che vedeva insieme democristiani, comunisti e socialisti. Anche in quella occasione a dimettersi fu il più autorevole esponente che l'Italia potesse permettersi, parliamo di Alcide De Gasperi. Ma, soprattutto, anche in quella occasione lo scontro fu tra due blocchi, quello occidentale atlantista e filoamericano con la DC in testa e quello orientale filorusso guidato dal PCI.
Fatte le dovute differenze, oggi ci troviamo con un Governo di unità nazionale che, per colpa di M5S, Lega e Forza Italia, ha visto concludere la sua positiva missione prima della sua scadenza naturale. Mario Draghi, la migliore risorsa istituzionale che il nostro bislacco Paese potesse permettersi, si è dovuto arrendere. Da ultimo, ma non per questo meno importante, anzi, l'Italia si trova nuovamente al centro di una Guerra Fredda. Da una parte la NATO e gli Stati Uniti d'America, la democrazia e la libertà; dall'altra la Russia e Putin, in una parola sola, la dittatura.
A tifare per quest'ultima ci sono tre partiti populisti con molti scheletri negli armadi: Fratelli d’Italia, Lega e M5S. A cui si aggiunge come ultima ruota del carro Forza Italia.
Nel suo discorso di commiato al Senato, Mario Draghi, oltre che elencare un bilancio del suo esecutivo, ha voluto tracciare quella che dovrà essere la strada maestra di un futuro Governo progressista, liberale e atlantista. Alla luce delle parole del Presidente del Consiglio risuonate nell'aula di Palazzo Madama, è giunto il momento che Enrico Letta, Matteo Renzi e Carlo Calenda si siedano intorno a un tavolo, sotterrino l'ascia di guerra e raccolgano proprio l'eredità di Draghi. C'è un enorme bacino elettorale che, in questo momento storico, è pronto a tornare a votare. Gli italiani hanno intuito che è in gioco il futuro democratico della nazione e non hanno alcuna intenzione di farsi rappresentare dal razzismo e dal populismo. L'Italia da quasi ottant'anni è una democrazia, imperfetta e con tutti i suoi difetti, ma pur sempre una democrazia. È giunto il momento di difenderla, di fare tutti la nostra parte, anche in memoria dei tanti che nel ventennio fascista e durante la Seconda Guerra Mondiale sono caduti per conquistarla. Ora siamo tutti davanti a un bivio.
Come avrebbe detto John Fitzgerald Kennedy "il futuro non è un regalo, è una conquista".
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