Il caso

Ustica, il "missile" di Amato contro la Francia e la Nato colpisce anche Meloni e Tajani

La strage del DC9, che Giuliano Amato imputa alla «aeronautica francese, con la complicità degli americani», per «fare la pelle la Gheddafi» mette in difficoltà anche la presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri filoatlantisti

Il Corriere Redazione

02 Settembre 2023 - 16:37

Ustica, il "missile" di Amato contro la Francia e la Nato colpisce anche Meloni e Tajani

Tajani minimizza le dichiarazioni di Amato, considerandolo un semplice cittadino; Meloni chiede le prove, dicendo che non vi sono segreti di Stato, mentre il suo braccio destro Donzelli afferma: da sempre chiediamo desecretazione atti.  Paolo Borsellino, all'epoca procuratore di Marsala, indagò su uno dei tanti 'buchi neri' dell'inchiesta sulla strage di Ustica

La strage del DC9, che Giuliano Amato imputa alla «aeronautica francese, con la complicità degli americani», per «fare la pelle la Gheddafi» mette in difficoltà anche la presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri filoatlantisti. "La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico: l’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario", ha detto l'ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato, parlando della strage di Ustica in una intervista a Repubblica. "Gheddafi fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo - prosegue Amato -. E il missile sganciato contro il Mig libico finì per colpire il Dc9 dell’Itavia che si inabissò con dentro ottantuno innocenti. L’ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese partito da una portaerei al largo della costa meridionale della Corsica o dalla base militare di Solenzara, quella sera molto trafficata. La Francia su questo non ha mai fatto luce". "Mi chiedo perché un giovane presidente come Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia di Ustica, non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia - osserva Giuliano Amato -. E può toglierla solo in due modi: o dimostrando che questa tesi è infondata oppure, una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo. Il protratto silenzio non mi pare una soluzione". 

Dichiarazioni imbarazzanti per Meloni, per cui le parole di Amato sono «frutto di personali deduzioni. Premesso che - chiarisce la premier - nessun atto riguardante la tragedia del Dc9 e' coperto da segreto di Stato, e che nel corso dei decenni e' stato svolto dall'autorita' giudiziaria e dalle Commissioni parlamentari di inchiesta un lungo lavoro, chiedo al presidente Amato di sapere se, oltre alle deduzioni, sia in possesso di elementi che permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del Parlamento, e - conclude - di metterli eventualmente a disposizione, perche' il governo possa compiere tutti i passi eventuali e conseguenti». Nessun segreto di Stato, dice la premier, smentendo il suo braccio destro Donzelli,  vice presidente del Copasir e responsabile organizzazione di Fdi, che dice: "Noi da sempre chiediamo la desecretazione di tutti gli atti e le pagine non chiare di quegli anni. Amato dice delle cose, in passato ha detto l'esatto opposto".

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, leader di quella Forza Italia fondata da Berlusconi amico di Gheddafi, contrario alla sua uccisione, minimizza le parole di Amato: "è la versione di un ex presidente del Consiglio, una persona che ha avuto grande importanza, ma che ora è un privato cittadino''. 

Paolo Borsellino, all'epoca procuratore di Marsala, indagò su uno dei tanti 'buchi neri' dell'inchiesta sulla strage di Ustica. A richiamare l'interesse del magistrato, poi ucciso dalla mafia nell'attentato di via D'Amelio nel 1992, era stata una telefonata alla trasmissione "Telefono giallo" condotta da Corrado Augias su Rai 3. Era il 6 maggio 1988. Nel corso di una telefonata una persona si presentò come un aviere in servizio al centro radar di Marsala la sera del 27 giugno 1980 e disse che doveva comunicare "elementi molto pesanti". I militari avevano "visto perfettamente i tracciati" negati invece dai vertici dell'Aeronautica militare. "Solo che il giorno dopo - aggiunse il presunto aviere - il maresciallo responsabile del servizio ci disse di farci gli affari nostri e di non avere più seguito in quella vicenda.... La verità è questa: ci fu ordinato di starci zitti". Dopo otto anni un "fatto emotivo interiore" aveva indotto il testimone a chiamare "Telefono giallo" in forma anonima ma di riattaccare rapidamente quando Augias tentò di approfondire la rivelazione. Il giorno dopo Borsellino aprì un filone d'indagine su un aspetto cruciale del "muro di gomma", alzato per annebbiare ciò che era accaduto sull'aerovia Ambra 13. Borsellino fece interrogare i militari in servizio a Marsala la sera della strage. Ma non riuscì a trovare elementi conducenti. L'inchiesta di Borsellino finì così per aggiungere un altro mistero ai tanti depistaggi con cui si è confrontato il giudice Rosario Priore.

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