Lo scontro

Stop del M5S a Draghi sulle armi a Kiev, Di Maio (in guerra per la sua poltrona) non ci sta

A metterle nero su bianco l'altolà sono stati alcuni tra i senatori più oltranzisti del Movimento Cinque Stelle, in vista del voto in Parlamento di martedì dopo le comunicazioni del premier Mario Draghi sul Consiglio europeo del 23-24 giugno.

Loris Del Vecchio

18 Giugno 2022 - 20:50

Stop del M5S a Draghi sulle armi a Kiev, Di Maio (in guerra per la sua poltrona) non ci sta

Il documento «ci disallinea dall'Ue e dalla Nato, che è un'alleanza difensiva; si mette a repentaglio la sicurezza nazionale», paventa addirittura il ministro degli Esteri Di Maio, spaventato, in realtà, da una crisi di governo che porti diritto alla fine della legislatura e, con la fine del doppio mandato, alla sua fortunata carriera politica.

Una manciata di parole rischia di spaccare la maggioranza: 'Non procedere ad ulteriori invii di armamenti' a Kiev. A metterle nero su bianco, in una bozza di risoluzione autonoma, sono stati alcuni tra i senatori piu' oltranzisti del Movimento Cinque Stelle, in vista del voto in Parlamento di martedi' dopo le comunicazioni del premier Mario Draghi sul Consiglio europeo del 23-24 giugno. Il documento, pur definito da piu' parti parziale e preliminare, e' una mina sulla strada dell'esecutivo, pronta ad esplodere insieme allo scontro interno al M5s tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Il testo proposto da "una parte del Movimento ci disallinea dall'Ue e dalla Nato, che e' un'alleanza difensiva", punta il dito il ministro degli Esteri, avvertendo che in questo modo "si mette a repentaglio la sicurezza nazionale". Dopo una giornata di fibrillazioni crescenti nella maggioranza, la capogruppo del M5s al Senato Mariolina Castellone deve intervenire per mettere in chiaro che la bozza in questione "non e' la risoluzione alla quale stiamo lavorando con tutta la maggioranza. Abbiamo un testo condiviso che stiamo completando" e all'interno del quale "per noi e' importante che si parli di de-escalation militare e della centralita' del Parlamento nelle scelte sulla guerra". Intanto, Mosca ha buon gioco a sottolineare tensioni e distinguo nella politica italiana, con l'ambasciatore russo a Roma Sergey Razov che sentenzia: "La logica secondo cui la massiccia fornitura di armi all'Ucraina sarebbe un mezzo per arrivare alla pace mi sembra quantomeno bizzarra. E, a quanto mi risulta, e' lungi dall'essere condivisa da tutti". Parole rimarcate con estrema durezza da Primo Di Nicola, senatore pentastellato vicino a Di Maio, secondo cui il diplomatico russo avrebbe fatto "un endorsement a quella che e' l'apparente posizione di una parte del M5s", circostanza "che ci riempie di imbarazzo e vergogna". Si chiama fuori dalla contesa Palazzo Chigi, che sceglie di non intervenire in alcun modo nelle polemiche, limitandosi a ribadire che Draghi parlera' e dira' tutto il necessario durante le comunicazioni al Parlamento. Ma tra i ministri, in particolare del M5s, la tensione e' palpabile. Lo stop tout court agli aiuti militari a Kiev e' "impensabile" in questi termini, si spiega in ambienti di governo. L'istanza di una nuova fase nell'approccio alla guerra, viceversa, andrebbe opportunamente tradotta in un impegno di carattere piu' generale. Come farlo e' e sara' un tema di confronto nella maggioranza fino all'ultimo giorno utile, lunedi', quando si punta a chiudere su un testo comune. Per ora il documento preliminare, uscito dalla riunione tra i partiti e il sottosegretario agli Affari Europei Vincenzo Amendola, presenta una casella ancora da riempire: quella sull'Ucraina. Cinque punti su sei, invece, sono gia' stati concordati in linea di massima: ok all'adesione di Kiev all'Ue; ad una revisione radicale del Patto di stabilita' europeo; ad interventi per famiglie e imprese in difficolta'; ad un tetto al prezzo del gas, di cui Draghi discutera' al vertice europeo; al rafforzamento delle proposte sul futuro dell'Unione. Intanto, se la Lega, che nelle scorse settimane per voce di Matteo Salvini aveva pure sottolineato come l'invio di altre armi non fosse la soluzione, si mostra concentrata su altri temi, il Pd a Palazzo Madama invita ad abbassare i toni: 'Fughe in avanti o iniziative parziali rischiano di complicare il lavoro'. Dal Nazareno trapela 'l'auspicio e la ragionevole speranza di arrivare ad una soluzione condivisa'. Anche perche' un documento autonomo finirebbe per spaccare in primis i pentastellati. Il viceministro dell'Economia Laura Castelli (M5s) fa sapere che non voterebbe nulla che vada 'fuori dalla collocazione storica dell'Italia'. La vicepresidente del Movimento Alessandra Todde difende la linea di Conte: 'Stiamo costruendo una risoluzione di maggioranza. Stiamo solo ponendo al governo temi democratici'. La principale ipotesi di mediazione per il punto piu' controverso della risoluzione e' proprio il riferimento alla necessita' di una 'de-escalation militare' e di una 'escalation diplomatica'. Ma la riuscita dell'impresa, al netto delle dichiarazioni d'intenti, e' ancora tutta da dimostrare. (ANSA). 

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