Il fatto

Mentre Greta fa blablabla e canta "Bella Ciao", Cingolani zitto zitto ci ripianta le trivelle in mare

La fondatrice svedese del movimento Friday for future capeggia un partecipassimo corteo lungo le strade di Milano, continuando ad incalzare i politici sul cambiamento climatico; e mentre si spende in belle parole il ministro della Transizione ecologica fa il contrario

Il Corriere Redazione

01 Ottobre 2021 - 12:15

Mentre Greta fa blablabla e canta "Bella Ciao", Cingolani zitto zitto ci ripianta le trivelle in mare

Cingolani con Greta Thunberg

"Nel giorno dell'avvio della pre-Cop26 sul clima il ministero della Transizione ecologica fa ripartire le procedure pro-fossili", denunciano Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf Italia a proposito della mancata approvazione del Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) entro il 30 settembre. "Si sono rimessi in moto i procedimenti autorizzativi vecchi e nuovi per la prospezione e ricerca degli idrocarburi, che erano stati sospesi sino a fine settembre e che ricominceranno a minacciare circa 91mila chilometri quadrati di mare e 26mila kmq sulla terraferma".

Nel giorno dell'avvio della pre-Cop26 sul clima il ministero della Transizione ecologica fa ripartire le procedure pro-fossili". E' la denuncia di Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf Italia a proposito della mancata approvazione del Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) entro il 30 settembre, che è stato per ora trasmesso alla Conferenza Unificata. Secondo le associazioni "senza l'adozione" del Piano "si sono rimessi in moto i procedimenti autorizzativi vecchi e nuovi, compresi quelli di Valutazione di impatto ambientale, per la prospezione e ricerca degli idrocarburi". Le associazioni fanno presente che avevano lanciato l’allarme con una lettera al ministro Roberto Cingolani "sin dal 9 settembre scorso paventando che questo sarebbe stato l’esito inevitabile, visto che non c’era il tempo per il perfezionamento della procedura Vas sulla proposta di Pitesai e per l’intesa con la Conferenza Unificata per le attività legate alle trivellazioni a terra, prima di adottare il Piano". Per Greenpeace, Legambiente e Wwf si tratta di "un inaccettabile messaggio pro-fossili proprio in apertura della pre-Cop26 dal ministero della Transizione ecologica"; senza il Pitesai "si sono rimessi in moto i procedimenti autorizzativi vecchi e nuovi per la prospezione e ricerca degli idrocarburi, che erano stati sospesi sino a fine settembre e che ricominceranno a minacciare circa 91mila chilometri quadrati di mare e 26mila kmq sulla terraferma". Questo - continuano - "comporta per le sole attività a mare che riparta l’iter per: 5 istanze di permesso di prospezione in mare, di cui è in corso la valutazione ambientale, per un totale di 68.335 kmq; 24 istanze di permesso di ricerca in mare (alcune delle quali con la procedura di VIA in corso) per un totale di 13.777 kmq e che coinvolgono il Canale di Sicilia (4 istanze), le coste dell’Adriatico tra le Marche e l’Abruzzo (7 istanze), le coste di fronte la Puglia (10 istanze) e il Golfo di Taranto (3 istanze); 1 istanza di concessione di coltivazione nel Golfo di Venezia e 20 permessi di ricerca - per un totale di 8.872 kmq - che erano stati congelati in attesa dell’approvazione del piano e che coinvolgono il Golfo di Venezia (7 permessi), il Canale di Sicilia (4), le coste di fronte alla Puglia (4), Calabria (4) e l’Adriatico di fronte la costa anconetana". Per la terraferma "ripartono, invece: 56 le istanze (di cui 50 per permessi di ricerca) per 11.483 kmq che riprenderanno l’iter amministrativo e che riguardano Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Molise e Puglia. 43 invece i permessi di ricerca per 14.473 kmq e che vedono coinvolte oltre alle regioni precedenti anche Piemonte, Sicilia, Veneto e Marche". Mentre ripartono le istanze, "langue il piano di decommissioning delle 34 piattaforme (l’80% delle quali nella fascia di interdizione di 12 miglia dalle coste e il 50% senza Valutazione di impatto ambientale) che erano state individuate nel 'Programma italiano di attività per le dismissioni piattaforme offshore', redatto a fine 2018 dopo due anni di confronto tecnico tra lo stesso ministero dello Sviluppo economico, l’allora ministero dell’Ambiente, il ministero dei Beni culturali, Assomineraria (l’associazione di categoria dei petrolieri) e le associazioni ambientaliste (Greenpeace, Legambiente e Wwf). Sono ad oggi solo 5 le piattaforme poste in dismissione, 3 delle quali erano interessate da progetti di riutilizzo". 

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