La politica ad alta tensione
21 Dicembre 2025 - 11:26
Il maxiemendamento lo “porta” in commissione il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dopo giorni in cui la Lega ha fatto ballare il banco e minacciato di far saltare l’intesa. Alle opposizioni che ne chiedono le dimissioni, il ministro risponde con un sarcasmo controllato: “Ci penso tutte le mattine, sarebbe la cosa più bella da fare. Però siccome è la 29esima legge di Bilancio che faccio so perfettamente come funziona, so che sono cose naturali”.
UNA MANOVRA IN EQUILIBRIO INSTABILE
Una giornata ad alta tensione si chiude con un via libera in commissione che ha il sapore del sollievo ma non cancella le crepe emerse nella maggioranza. È lo stesso presidente del Senato, Ignazio La Russa, a offrire la misura del momento: “Ho visto grossomodo una trentina di leggi di bilancio, non ce n’è una che abbia zero problemi”. Parole pronunciate a Palazzo Madama, dove il numero uno di Palazzo Madama si è presentato a sorpresa per garantire che l’impegno sarà rispettato: lunedì, ore 9.30, l’approdo in Aula. È un richiamo al rito tutto italiano delle manovre di fine anno: incastri, strappi ricuciti, mediazioni all’ultimo minuto. Un fiume in piena che, per citare il sottosegretario al Mef Federico Freni, “alla fine arriva al mare”, ma dopo aver sfiorato più volte gli argini. La settimana è stata un’altalena di compromessi, ripensamenti e riscritture. Gli uffici del Senato affrontano ora una maratona per comporre il testo, modificato e appesantito da un maxiemendamento governativo arrivato in mattinata, l’ultimo innesto in un mosaico che il Consiglio dei ministri (Cdm) aveva licenziato in una versione già superata dai fatti.
# IL MAXI DI GIORGETTI E IL MESSAGGIO ALLA MAGGIORANZA
Il maxiemendamento lo “porta” in commissione il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dopo giorni in cui la Lega ha fatto ballare il banco e minacciato di far saltare l’intesa. Alle opposizioni che ne chiedono le dimissioni, il ministro risponde con un sarcasmo controllato: “Ci penso tutte le mattine, sarebbe la cosa più bella da fare. Però siccome è la 29esima legge di Bilancio che faccio so perfettamente come funziona, so che sono cose naturali”. Una chiosa che dice molto della postura scelta: rivendicare l’esperienza e, insieme, spostare il baricentro sul Parlamento. “Adesso tocca al Parlamento”, insiste Giorgetti, quasi a marcare il confine tra l’architettura dell’esecutivo e la fisiologia dell’Aula. Sul merito, il “maxi” fa ciò che il decreto non farà: mette nero su bianco le risorse promesse alle imprese, rifinanziando la Zes e il credito d’imposta. Per le coperture, ecco l’intervento sull’acconto dell’85% del contributo sui premi delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti: una misura da 1,3 miliardi che chiama in causa un settore sensibile come quello assicurativo. Una leva tecnica apparentemente innocua, ma che in un’economia interconnessa potrebbe avere ricadute sui prezzi? Domanda retorica che accompagnerà il dibattito dei prossimi giorni.
# TFR E PREVIDENZA: LE NUOVE REGOLE E LE CREPE POLITICHE
Cambia, rispetto alla prima proposta, la norma sul Tfr: si allarga da subito la platea delle aziende tenute ad accantonarlo nel fondo Inps, comprendendo tutte quelle con 50 dipendenti; dal 2032 l’obbligo si estenderà anche alle imprese con 40 dipendenti. Un passaggio che tocca la cassa delle imprese, ma risponde all’esigenza di alimentare il circuito previdenziale pubblico. È il classico Tetris della finanza pubblica: ogni pezzo che scende impone una mossa coordinata al successivo. Sul fronte pensioni, il testo segna un aggiramento di alcune strette annunciate: escono la stretta sul riscatto della laurea e le finestre mobili. Ma, quasi a sorpresa, entrano i tagli ai fondi per lavoratori precoci e per coloro che svolgono lavori usuranti. E soprattutto arriva lo stop alla possibilità — introdotta con la manovra dello scorso anno — di andare in pensione prima cumulando gli assegni dei fondi complementari. Giorgetti la mette così: “Pare non interessasse a nessuno. A me dispiace ma evidentemente non è stata ritenuta strategica”. Nel partito del ministro, però, c’è chi arriccia il naso. Claudio Borghi, che si è ritagliato il “ruolo dell’antipatico” in questa manovra, parla di “esperimento” finito sotto la lente del “famoso tecnico zelante” per i “futuri oneri”, ma rivendica che “non pensiamo che sia una cosa sbagliata”. Tradotto: la questione potrebbe tornare, magari con una norma ad hoc.
# RETRIBUZIONI E CETO MEDIO: LA LEVA DEL 5%
Un tassello parlamentare, innestato sul maxi, estende ai contratti rinnovati nel 2024 i benefici della tassazione agevolata al 5% sugli incrementi retributivi. Attenzione alle date: lo sgravio scatterà dal primo gennaio 2026. Non solo: la platea dei beneficiari, prima circoscritta ai redditi fino a 28mila euro, sale a 33mila. Un segnale al ceto medio-lavoratore, la fascia che più risente dell’erosione inflattiva e al tempo stesso regge la domanda interna. È l’ennesimo tentativo di combinare politica dei redditi e prudenza di bilancio: un incentivo differito, che costa oggi poco e promette domani un ritorno in termini di consumi e stabilità contrattuale.
# IL CONDONO EDILIZIO, LA SIRENA CHE RITORNA
Quando il traguardo sembra a un passo, e mancano pochi voti al disco verde, il convoglio si arresta di nuovo: riemerge il condono edilizio, che il giorno prima pareva archiviato. Da qui la fiammata. “È una forzatura gravissima, o lo ritirano o è ostruzionismo”, attacca la senatrice di Italia viva Raffaella Paita. “Non è una norma che si può inserire in manovra il 20 di dicembre”, incalza il capogruppo M5s Stefano Patuanelli. E dal fronte di Avs, Tino Magni affonda: “Ci avevano già provato in campagna elettorale in Campania e i cittadini l’hanno già bocciata… o lo tolgono o lo tolgono”. La soluzione, alla fine, è di quelle che salvano la forma e rinviano la sostanza: ritiro dell’emendamento e trasformazione in ordine del giorno. Il condono è la sirena che periodicamente tenta la politica: promette gettito e pacificazione urbanistica, ma rischia di premiare l’irregolarità e spaccare le coalizioni. Riproporlo a dicembre, dentro la manovra, equivale a piazzare un cerino acceso vicino a una polveriera. La maggioranza, stavolta, ha preferito soffiare.
# PALAZZO MADAMA, LA MARATONA E L’ORIZZONTE DI LUNEDÌ
Dietro il paravento delle intese, resta la corsa contro il tempo. A Palazzo Madama gli uffici sono al lavoro sulla compilazione del testo, un patchwork di norme che devono essere coerenti e ordinabili in vista del passaggio in Aula. La Russa ha messo il timbro: lunedì, ore 9.30. Un appuntamento che pesa non solo sui numeri, ma sull’immagine di una coalizione chiamata a dimostrare affidabilità nel momento decisivo. Ogni legge di bilancio ha i suoi “problemi”, ha ricordato il presidente del Senato. Qui la differenza la faranno disciplina e tenuta politica, in una fase in cui ciascun alleato misura il proprio spazio.
## OPPOSIZIONI E OSTRUZIONISMO SELETTIVO
Il braccio di ferro sul condono edilizio ha offerto alle opposizioni un terreno chiaro. Italia viva, M5s e Avs hanno scelto la linea dura su un simbolo divisivo, evitando di disperdere energie su altri capitoli. È una strategia di “ostruzionismo selettivo”: colpire un nervo scoperto per costringere la maggioranza a un passo indietro, senza impantanare ogni comma. Il ritiro e l’ordine del giorno sono la prova che la pressione ha funzionato.
## CHE COSA ENTRA, CHE COSA ESCE
Nell’andirivieni degli emendamenti, la bussola si ricava dai punti fermi ormai cristallizzati: - Rifinanziamento della Zes e credito d’imposta per le imprese. - Coperture tramite acconto all’85% del contributo sui premi delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti (1,3 miliardi). - Tfr: obbligo di accantonamento nel fondo Inps per aziende con 50 dipendenti da subito, esteso a 40 dal 2032. - Previdenza: escono la stretta sul riscatto della laurea e le finestre mobili; entrano tagli ai fondi per precoci e lavori usuranti. - Stop all’anticipo pensionistico tramite cumulo degli assegni dei fondi complementari, misura introdotta lo scorso anno. - Retribuzioni: tassazione agevolata al 5% sugli incrementi dei contratti rinnovati nel 2024, in vigore dal primo gennaio 2026. - Platea beneficiari ampliata: soglia di reddito da 28mila a 33mila euro. - Condono edilizio: emendamento ritirato e trasformato in ordine del giorno.
# IL BILANCINO POLITICO E IL CONTO ECONOMICO
Qual è, in controluce, il significato politico di questa manovra? Il governo ha scelto un equilibrio pragmatico: dare un segnale alle imprese con Zes e crediti d’imposta; evitare strette socialmente esplosive sulle pensioni, salvo disfarsi di un esperimento — il cumulo con la complementare — ritenuto non “strategico”; ritoccare al margine il perimetro del ceto medio, alzando i limiti per l’agevolazione al 5%. Un bilancino che racconta la volontà di tenere insieme consenso e vincoli contabili, con la Lega attenta a marcare il proprio profilo e il Mef a ricordare che i conti non sono elastici. La discussione su condono e Tfr segnala quanto il confine sia sottile. La domanda, per chi osserva, resta sempre la stessa: basterà? Basterà a dare ossigeno all’economia reale senza aprire falle nei conti? E basterà a tenere unita una maggioranza che, tra veti incrociati e ripensamenti, arriva all’Aula dopo una settimana di “strappi e ricuciture”? Lunedì mattina, alle 9.30, la risposta si sposterà dall’officina delle commissioni al giudizio dell’emiciclo. E lì, più che le metafore, conteranno i voti.
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