Focus
04 Settembre 2025 - 13:50
Isan Hydi, CEO di Wolf Agency
La questione non è solo capire come reagire, ma soprattutto come riconoscere e neutralizzare tempestivamente questi attacchi, senza cadere nella trappola della disinformazione digitale.
Google My Business, Amazon, recensioni sui social network come Facebook, Trustpilot e così via: la lista delle piattaforme di valutazione online è ormai interminabile e, per molte aziende, rappresenta una nuova arena della reputazione digitale.
Una recensione non è più solo un commento personale, ma un vero e proprio amplificatore di immagine, capace di influenzare vendite, candidature e fiducia.
È il rovescio della medaglia della digitalizzazione: se da un lato la reputazione può crescere rapidamente grazie al passaparola positivo, dall’altro può crollare in poche ore quando circolano recensioni false, pilotate o costruite ad arte.
Un tempo erano i giornali a stabilire l’agenda, oggi la dinamica è spesso affidata a una manciata di commenti online o a un post diventato virale. Infatti, anche, TikTok, X o Instagram possono trasformare in poche ore una lamentela isolata in una discussione ad alta risonanza condivisa, ricondivisa e commentata.
Per un’azienda, saper distinguere un feedback autentico da una recensione falsa, e un contenuto virale innocuo da una minaccia reputazionale, è diventato sempre più rilevante. La questione, quindi, non è solo capire come reagire, ma soprattutto come riconoscere e neutralizzare tempestivamente questi attacchi, senza cadere nella trappola della disinformazione digitale.
Le valutazioni online hanno soppiantato il tradizionale passaparola e se un tempo ci si fidava del consiglio di un amico o di un parente, oggi le decisioni d’acquisto passano quasi sempre per Google o Amazon.
È un dato di fatto: una media di tre stelle è spesso sufficiente per far perdere clienti a un ristorante, un commento negativo sulla durata della batteria può convincere un potenziale acquirente a cambiare smartphone, mentre un feedback negativo su un social network o su TrustPilot può scoraggiare un giovane talento dall’inviare la candidatura a un’azienda.
Questa dinamica vale in tutti i settori, dal commercio elettronico al turismo, fino al recruiting. La reputazione digitale è un asset misurabile, tangibile e fragile.
Mentre le recensioni rappresentano il primo livello della reputazione digitale, i social network ne sono il secondo e anche il più impattante sulla reputazione di un’azienda. Una valutazione negativa su Amazon o Google può scoraggiare un cliente; un post ironico su TikTok, corredato da centinaia di commenti, può travolgere un marchio.
Gli utenti non leggono più solo schede prodotto: guardano video di unboxing, ascoltano opinioni di creator, condividono esperienze in community verticali.
E ogni volta che un contenuto supera la soglia della viralità, l’impatto è imprevedibile. Ci sono esempi positivi - un brand che diventa tendenza grazie a una recensione entusiasta - e casi disastrosi, in cui un reclamo ironico si trasforma in boicottaggio collettivo.
La differenza, spesso, la fa la capacità di intercettare anche i segnali deboli. Una recensione sospetta lasciata senza risposta o un commento social ignorato possono sembrare irrilevanti, finché non diventano il nucleo di una narrazione negativa che si autoalimenta.
Le recensioni false sono già un problema, ma lo diventano ancor di più quando trovano eco sui social. Non è raro che un contenuto creato ad arte - uno screenshot manipolato, una finta testimonianza, un video che esaspera difetti inesistenti - inizi a circolare generando indignazione.
La dinamica è semplice (e proprio per questo spaventosa): gli utenti condividono, commentano, amplificano, e ’algoritmo spinge il contenuto perché genera interazioni. E nel giro di poche ore, un’azienda si ritrova sotto accusa senza aver avuto il tempo di chiarire.
Questo tipo di attacco non colpisce solo le vendite: mina la fiducia, scoraggia potenziali candidati e può compromettere rapporti con partner e investitori.
Una recensione falsa o un post virale contro la propria azienda o persona non va mai ignorata, ma nemmeno affrontata con leggerezza. Il rischio, infatti, è di andare ad amplificare il problema con risposte aggressive o incoerenti. C’è invece un approccio più strutturato e utile per reagire a una crisi di reputazione online.
1. Monitoraggio continuo
Impostare alert e strumenti di social listening è la base per riuscire non solo a reagire ma cogliere i segnali prima che un eccesso di recensioni negative o una falsa recensione sui social o sulle piattaforme relative possa andare a minare la fiducia dei potenziali clienti nel brand. Un’azienda deve sapere in tempo reale quando viene menzionata, sia in positivo che in negativo. Reagire a distanza di giorni nel contesto digitale, equivale spesso a non reagire affatto.
2. Segnalazione alla piattaforma
Quasi tutti i portali consentono di segnalare contenuti sospetti. È un passaggio obbligato, anche se i tempi di verifica possono essere lunghi. Documentare le prove (assenza di acquisto, incoerenze) aumenta la probabilità di rimozione del contenuto o della recensione negativa.
3. Risposta pubblica mirata
Se la recensione non viene rimossa, la trasparenza è l’arma più efficace per riuscire a reagire a un’opinione che sta diventando virale. Una risposta cortese, che chiarisca con dati verificabili l’infondatezza del commento, tutela l’immagine e mostra ai clienti reali un atteggiamento serio e professionale.
La soluzione migliore è quella che mette in dubbio la veridicità senza attaccare direttamente: “Non risultano acquisti a nome dell’utente, ma siamo disponibili a verificare e a trovare una soluzione se l’esperienza fosse autentica”.
4. Bilanciare con feedback e contenuti veritieri
Ogni recensione falsa sottrae credibilità, ecco perché la strategia più solida è compensare con testimonianze reali e con articoli, comunicati stampa, contenuti social che possano mettere in luce il vero volto dell’azienda. Anche invitare i clienti soddisfatti a lasciare un commento autentico, o a fare un piccolo video su TikTok, magari con un piccolo incentivo, è un modo per ristabilire l’equilibrio.
Una recensione falsa o un post diventato virale per i motivi sbagliati sui social non è solo un fastidio, ma può essere il primo segnale di un attacco reputazionale più ampio. Le crisi digitali si alimentano di velocità, polarizzazione e viralità. Per questo motivo, la gestione deve essere strutturata e preventiva.
Ogni azienda dovrebbe avere un manuale di gestione della crisi, un documento operativo che indichi ruoli, procedure e messaggi chiave da attivare in caso di emergenza. Non serve solo per i grandi scandali: anche una valanga di recensioni false può compromettere vendite e recruiting, se non gestita con coerenza.
Accanto al manuale, serve un portavoce formato a rispondere in maniera adeguata alla crisi e ad ogni eventuale problematica. La scelta di come comunicare, facendolo in modo coerente con i valori aziendali serve a reagire ad ogni crisi, comprese quelle che si abbattono sul proprio brand paventando recensioni o commenti fasulli.
La vera protezione però non arriva durante la crisi, ma prima, e proprio su questo tema è intervenuto anche Isan Hydi, CEO di Wolf Agency, sottolinea come la gestione della reputazione digitale non possa essere lasciata all’improvvisazione:
“Oggi una crisi reputazionale nasce spesso da un dettaglio che sfugge: un commento lasciato senza risposta, un post diventato virale per caso, una recensione falsa non monitorata. Il punto non è solo spegnere l’incendio quando divampa, ma avere sistemi e procedure che ci permettano di individuarlo tempestivamente. Le aziende che investono in monitoraggio e formazione interna, oltre che nella redazione di un manuale per la gestione della crisi, non solo gestiscono meglio le crisi, ma spesso riescono a trasformarle in opportunità per rafforzare il legame con i propri clienti.”
Una strategia di gestione reputazionale solida parte dalla prevenzione: significa dotarsi di un piano chiaro che stabilisca chi deve intervenire, con quali strumenti e con quali messaggi, in caso di attacco o di contenuto virale potenzialmente dannoso.
Non è un lavoro da improvvisare, ma un investimento di lungo periodo che deve essere fatto con un partner affidabile ed esperto nella gestione della crisi che consenta all’azienda di reagire con lucidità invece che con fretta.
Accanto alla strategia, è indispensabile avere un sistema di monitoraggio costante della reputazione online. Non basta leggere di tanto in tanto le recensioni: occorre un ascolto attivo delle conversazioni su tutti i canali - portali di valutazione, social network, forum di settore, blog di nicchia - per intercettare i segnali deboli che spesso anticipano una crisi.
Una recensione sospetta, una discussione in un gruppo chiuso, un post che inizia a generare condivisioni oltre la media: piccoli indizi che, se colti in tempo, permettono di intervenire prima che il problema si trasformi in narrazione collettiva.
Tuttavia, il monitoraggio non basta da solo: per mantenere una reputazione solida serve un lavoro costante di costruzione e rafforzamento dell’immagine. Ciò significa presidiare i canali ufficiali con contenuti mirati, comunicati stampa ben calibrati, case history positive, attività di storytelling capaci di valorizzare i punti di forza del brand.
Un’azienda che comunica regolarmente e in maniera trasparente, che offre spunti e informazioni autorevoli, consolida un capitale di fiducia che si rivela decisivo nei momenti critici.
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