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15 Maggio 2025 - 14:19
Comprendere chi può ottenerla, come si richiede e a quanto ammonta è utile non solo a chi ne ha bisogno direttamente, ma anche ai familiari e ai caregiver che spesso si trovano a gestire percorsi complessi tra burocrazia e assistenza.
L’indennità di accompagnamento è una misura economica importante per le persone affette da gravi disabilità fisiche o psichiche. Istituita con la legge n. 18 del 1980, questa prestazione ha un obiettivo preciso: fornire un sostegno concreto a chi non è in grado di camminare autonomamente o necessita di assistenza continua per compiere le normali attività quotidiane.
A differenza di altre misure di welfare, l’indennità non è legata all’età del beneficiario. Si tratta di un diritto individuale, riconosciuto a chi versa in condizioni sanitarie particolarmente compromesse.
Comprendere chi può ottenerla, come si richiede e a quanto ammonta è utile non solo a chi ne ha bisogno direttamente, ma anche ai familiari e ai caregiver che spesso si trovano a gestire percorsi complessi tra burocrazia e assistenza.
Per ottenere l’indennità di accompagnamento è necessario che venga riconosciuta un’invalidità civile totale e permanente al 100%. Ma non basta. La persona deve anche trovarsi in una delle due condizioni previste dalla normativa:
Questi requisiti devono risultare da una documentazione medica chiara e specifica, presentata in sede di visita presso la commissione ASL.
La relazione del medico curante, allegata alla domanda, è spesso determinante: deve descrivere lo stato clinico e riportare espressamente la necessità di assistenza o di accompagnamento permanente.
L’indennità è destinata a coloro che sono residenti in Italia e non essere ricoverati a tempo pieno in strutture con retta a carico dello Stato. In caso di ricovero per cure temporanee, il diritto resta invece confermato.
Una sentenza della Corte Costituzionale (n. 40/2013) ha inoltre stabilito che non può essere negata l’indennità agli stranieri regolarmente soggiornanti nel Paese solo perché privi di determinati documenti: un principio di civiltà giuridica che ha rafforzato l’accesso alla prestazione.
Per accedere all’indennità di accompagnamento è però necessario essere invalidi civili al 100%. Ci sono casi in cui per problematiche burocratiche o altro, non si riesca a ottenere l’invalidità civile. In questi casi è molto importante avere il supporto di un avvocato e fare ricorso, per ottenere prima l’invalidità civile e dopo se si ha necessità anche l’accompagnamento, vai qui per avere più informazioni sui ricorsi per invalidità civile.
Il primo passo per richiedere l’indennità è la presentazione del certificato medico introduttivo all’ASL. Da lì parte il percorso di accertamento sanitario: una visita presso la commissione medica integrata INPS/ASL che valuterà lo stato della persona. Se la commissione conferma la presenza dei requisiti sanitari, l’INPS trasmette al cittadino il verbale con l’esito.
A quel punto, il beneficiario dovrà completare la procedura inserendo online i propri dati anagrafici, bancari e le eventuali informazioni sul ricovero. È consigliabile rivolgersi a un patronato, che può assistere gratuitamente durante tutte le fasi.
L’indennità decorre dal primo giorno del mese successivo alla data della domanda, salvo che la commissione medica indichi diversamente.
Ogni anno, i titolari dell’indennità devono presentare una dichiarazione telematica che confermi la permanenza delle condizioni previste. In particolare, è necessario dichiarare l’eventuale stato di ricovero gratuito in istituto. Il modulo da compilare è il cosiddetto ICRIC, disponibile sul sito dell’INPS.
La mancata presentazione della dichiarazione può comportare la sospensione del pagamento. Anche in questo caso, è possibile farsi assistere da un CAF o da un patronato per evitare errori o dimenticanze.
Nel caso in cui la commissione non riconosca il diritto all’indennità, è possibile presentare ricorso. La normativa attuale prevede, come primo passaggio obbligatorio, l’accertamento tecnico preventivo presso il Tribunale di residenza.
Il giudice nominerà un consulente medico che, insieme a un rappresentante dell’INPS, esaminerà nuovamente la documentazione clinica.
Se le parti non contestano il giudizio del consulente, il Tribunale omologa l’accertamento e l’indennità può essere concessa. In caso contrario, si apre la strada a un vero e proprio processo, con tutte le garanzie del contraddittorio. Per affrontare questa fase è indispensabile l’assistenza di un legale esperto nel campo dei risarcimenti e nei rimborsi.
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