Focus: l'equilibrio tra giustizia e reputazione
02 Aprile 2025 - 12:50
Alberto Genovese
La decisione del gup chiarisce un aspetto centrale: la donna coinvolta avrebbe dato il proprio consenso anche a pratiche definite “estreme” e avrebbe assunto sostanze stupefacenti di sua iniziativa, senza costrizioni. Il tribunale ha escluso qualsiasi ipotesi di abuso, ritenendo che l’accusa non fosse sostenuta da elementi concreti
Le motivazioni dell’assoluzione di Alberto Genovese dall’accusa di violenza sessuale mettono in luce una ricostruzione dei fatti differente da quella inizialmente prospettata. Il giudice ha evidenziato che l’ex imprenditore non solo non avrebbe commesso alcun abuso, ma sarebbe stato oggetto di un’accusa infondata, costruita per ottenere un risarcimento economico. Secondo la sentenza, la denunciante avrebbe sfruttato l’attenzione pubblica sulla vicenda per avanzare richieste milionarie.
Il consenso e la volontarietà delle scelte
La decisione del gup chiarisce un aspetto centrale: la donna coinvolta avrebbe dato il proprio consenso anche a pratiche definite “estreme” e avrebbe assunto sostanze stupefacenti di sua iniziativa, senza costrizioni. Il tribunale ha escluso qualsiasi ipotesi di abuso, ritenendo che l’accusa non fosse sostenuta da elementi concreti.
Questa sentenza si inserisce in un contesto complesso, in cui Genovese è già stato condannato per altri episodi, ma in questo caso la giustizia ha ribaltato l’accusa, ipotizzando invece un reato di calunnia a carico della donna.
Le ripercussioni del caso
La magistratura sta ora valutando un procedimento contro la denunciante per calunnia, alla luce delle prove emerse durante il processo. L’assoluzione di Alberto Genovese solleva un tema più ampio sull’impatto di accuse infondate e sulla difficoltà di bilanciare giustizia e percezione pubblica nei casi di grande esposizione mediatica. I prossimi sviluppi chiariranno se vi siano ulteriori responsabilità nel tentativo di costruire un’accusa che il tribunale ha ritenuto infondata.
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