Il lutto
02 Giugno 2024 - 10:43
Philippe Leroy-Beaulieu, erede di una famiglia aristocratica con sei generazioni di soldati e ambasciatori, ha avuto una vita che sembra uscita da un romanzo d'avventura. A soli 17 anni, si imbarca come mozzo su una nave per l'America, un'esperienza che ricorda i racconti di Joseph Conrad.
UN ADDIO A PHILIPPE LEROY: UN ATTORE TRA DUE MONDI
Philippe Leroy, nato a Parigi il 15 ottobre 1930, è deceduto a Roma all'età di 93 anni, lasciando dietro di sé una carriera cinematografica e televisiva che ha attraversato quasi sei decenni. Con quasi 200 apparizioni tra film e sceneggiati, Leroy è stato una figura iconica del cinema europeo, capace di incarnare ruoli tanto diversi quanto memorabili. La sua morte segna la fine di un'epoca, ma il suo lascito artistico continuerà a vivere.
GLI ESORDI: DALLA LEGIONE STRANIERA AL GRANDE SCHERMO
Philippe Leroy-Beaulieu, erede di una famiglia aristocratica con sei generazioni di soldati e ambasciatori, ha avuto una vita che sembra uscita da un romanzo d'avventura. A soli 17 anni, si imbarca come mozzo su una nave per l'America, un'esperienza che ricorda i racconti di Joseph Conrad. Tornato in patria, si arruola nella Legione Straniera e combatte in Indocina e Algeria, guadagnandosi il grado di capitano e diverse medaglie, tra cui due Légion d'Honneur e una Croix de Guerre. Il suo ingresso nel mondo del cinema avviene quasi per caso. Jacques Becker, colpito dal suo fisico asciutto e dall'aria di chi ha visto il pericolo da vicino, lo arruola nel cast del film carcerario "Il Buco" (1960). Questo ruolo gli regala un successo inatteso e mondiale, ma la situazione politica in Francia alla vigilia dell'indipendenza dell'Algeria lo spinge a cercare fortuna altrove.
L'ITALIA: LA SECONDA CASA DI PHILIPPE LEROY
Grazie al clima favorevole delle coproduzioni cinematografiche tra Italia e Francia, Leroy si trasferisce in Italia. Qui, incontra Vittorio Caprioli e Franca Valeri, che lo aiutano a ottenere i primi ruoli. Il suo debutto italiano avviene con "Leoni al Sole" (1961), dove sfrutta la sua seconda dote: maniere perfette e portamento aristocratico. Da quel momento, Leroy diventa una presenza fissa a Cinecittà, lavorando con registi come Riccardo Freda, Giancarlo De Bosio, Gianni Puccini e Luigi Zampa. Nel 1965, con "Sette Uomini d'Oro" di Marco Vicario, Leroy ottiene il ruolo del cervello di una banda di rapinatori, a fianco di Rossana Podestà e Gastone Moschin. Il film è un campione d'incassi e frutta anche un sequel, consolidando la sua posizione nel cinema italiano.
LA TELEVISIONE: UN NUOVO CAPITOLO DI SUCCESSO
La televisione offre a Leroy una seconda svolta nella carriera. Nel 1971, Renato Castellani lo sceglie per interpretare Leonardo da Vinci nello sceneggiato omonimo. Ma è nel 1976, con il ruolo di Yanez de Gomera nel "Sandokan" di Sergio Sollima, che Leroy diventa una vera star, amata da 30 milioni di spettatori a puntata. Questo ruolo scolpisce un'incarnazione salgariana indimenticabile, che rimane nel cuore del pubblico italiano. Nonostante le sue incursioni nel teatro e nel cinema d'autore, è la televisione a offrirgli i ruoli più memorabili: da "Quo Vadis?" a "Elisa di Rivombrosa", passando per "L'Ispettore Coliandro" e "I Cesaroni".
OLTRE IL SET: UNA VITA DI PASSIONI
Passati i 50 anni, Leroy abbraccia finalmente la sua passione per il paracadutismo, realizzando oltre 2000 lanci fino a dopo gli 80 anni. Nel 2011, partecipa come osservatore in Afghanistan nel contingente italiano, dimostrando ancora una volta il suo spirito avventuroso. Quando non era impegnato sul set, Leroy amava scrivere poesie, dipingere e disegnare mobili. Nel 1990, sposa Silvia Tortora, figlia del celebre giornalista Enzo Tortora, con cui ha avuto due figli. La scomparsa di Silvia nel 2022 è stata un duro colpo per l'attore, che ha continuato a vivere con dignità e riservatezza fino alla fine.
UN LEGATO INDELEBILE
Philippe Leroy lascia un'eredità artistica che attraversa generazioni e confini. La sua capacità di incarnare personaggi complessi e sfaccettati, unita a una vita vissuta con intensità e passione, lo rende una figura indimenticabile nel panorama cinematografico e televisivo. La sua morte segna la fine di un'epoca, ma il suo spirito continuerà a vivere attraverso le sue opere e i ricordi di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e ammirarlo.
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